[ pubblicata daPAESE ITALIA press.it – Magazine Europeo d’informazione” il 18.01.2019]

DI PIETRO, IL TEMPO E LA STORIA

‘Consonanze’ raccolta di poesie di Benedetto Di Pietro (Montedit, Melegnano [MI], 2018)

recensione di Sergio Spadaro, critico letterario

 

:: Cultura Arte Spettacolo

 

Ven 18 Gennaio 2019 – 10:45

Il sanfratellano Benedetto Di Pietro (che – per inciso – è l’unico scrittore ad avere testi nel dialetto galloitalico natio ) pubblica una nuova silloge di versi, dopo la precedente del 2016 (Risoluzioni involutive), dal titolo Consonanze (Montedit, Melegnano [MI], 2018). Il prefatore Pasquale Matrone precisa che “il titolo […] è emblematico delle intenzioni intrinseche della raccolta, mirata proprio  al recupero di un’armonia e di una coralità imprescindibili e ormai improcrastinabili”, anche se la sua resta “una poesia dell’esistenza e della sua problematicità”.   Per la verità questo recupero dell’armonia c’è sempre stato in Di Pietro che, a esempio, nel precedente libro aveva un testo dove le nuvole “consociano con la vita” (Paese natio). Così     come peraltro è sempre presente in lui il “tema del tempo”(lo indicava già F.Solitario nella precedente  prefazione) che, anche qui, ha modo poi di estrinsecarsi in recuperi memoriali   (ricordi  d’infanzia o esperienze di viaggio). Sicché  ci si può imbattere in sentenze come “il tempo scorre inesorabile” (p. 50) o in più gentili metafore come “il tempo è una margherita / che sfogliamo tutti i giorni” (p. 60).

E, quando poi si passa dall’esperienza individuale a quella collettiva, cosa c’è di più legato allo scorrere del tempo se non proprio la stessa nozione di storia? Tematica nella quale Di Pietro disvela il suo più tipico e più tradizionale DNA di siciliano che, come insegna la letteratura di quest’isola, ha sempre sofferto ed è stato travagliato dalla ricerca di senso e di finalità della storia. Si prenda questo breve compendio: “Mauthausen resti un  monito / perenne nei secoli” (p. 20), “la storia insegna che è norma / buttare giù le statue dei tiranni, / ma conviene lasciare i piedistalli  /  perché non tarderà l’esigenza / di mettervi sopra quelli nuovi” (p. 21), “la storia la scrivono i vincitori” (p. 22), “la storia si ripete fino alla nausea” (p. 23), “è facile impigliarsi nella storia” (p. 32).

Come già avevamo rilevato in passato, il linguaggio di Di Pietro  oscilla tra un lessico concettuale e uno più “cosale” e concretistico. Nell’uno e nell’altro caso, tuttavia, Di Pietro riesce quasi sempre a  trovare il punctum di equilibrio nei suoi testi. Niente di strano così se viene richiamato “l’assalto di popoli in cammino” che rendono il mare un “cimitero infinito” (p. 17, o come per il bimbo Aylan di p. 24), e per altro verso il tempo in cui “sorridevano le melegrane / di mia nonna”(p. 59).

Ovviamente, i guai dell’esistenza” (p. 33) comportano sempre quelle contraddizioni, quelle misture di evenienze positive e negative che a volte solo l’ironia riesce a sciogliere e a cauterizzare. Come  – l’abbiamo già visto – per i “piedistalli” da lasciare ai nuovi tiranni, o come le “dediche” (with love) che gli inaffidabili americani mettevano, e mettono, sulle bombe che sganciano (p. 22).

Malgrado tutto comunque, “tra le pieghe dei giorni” (p. 35) l’autore può a volte restare pervaso da un “sentimento estremo” (p. 33): quello dell’amicizia o quello dell’amore. E concludere così che ”la vita è fatta di opzioni / e qualsiasi scelta è un azzardo. / Auguri, dunque / per una scelta indovinata. / Non ci è dato disporre del resto” (p. 30).

 

BENEDETTO DI PIETRO, Consonanze, Montedit, Melegnano [MI], 2018, € 8,50.

 

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[Recensione di Emanuele Dolcini apparsa il 19.12.2018]

IL CITTADINO

Quotidiano del Lodigiano e del Sud Milano

Mercoledì 19 dicembre 2018

POESIA L’autore melegnanese pubblica il settimo capitolo della sua produzione in italiano

Di Pietro e Le sue “Consonanze”, un viaggio nel senso di una vita

Dall’amore per la natìa Sicilia alla storia passando per l’attualità, la raccolta colleziona circa 40 liriche

di un autore mai banale

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di Emanuele Dolcini

Benedetto Di Pietro, poeta melegnanese, si è affezionato nelle raccolte più recenti ai titoli spiazzanti e che si contraddicono in apparenza. Se nel 2016 aveva dato alle stampe Risoluzioni involutive, mettendo addirittura a capo di tutto l’ossimoro, ora pubblica Consonanze (Melegnano, Montedit 2018), che sembra voler sanare in parte il disorientamento indotto dal titolo dell’altra.

Che cosa «risuona all’unisono» in questa collezione di circa quaranta poesie che segnano il capitolo numero sette nella produzione italiana, non quella vernacolare siciliana, di Di Pietro? Forse il «senso di una vita» dentro e fuori se stessi, che se certo non si rivela per intero, permette di afferrare almeno qualche pagliuzza per segnare la via.

Consonanze dispiega innanzitutto una significativa varietà di fonti di ispirazione. Ci sono una serie di fotogrammi da una biografia, con la ripresa di liriche anche di molti anni fa come Salmo per il XXI secolo, Galaverna, Escursioni.

Poi episodi che portano in primo piano l’attualità e il commento sociale contemporaneo, e sono molti; quindi squarci che si collegano ad un elemento sempre presente nell’autore, il paesaggio e la gente della Sicilia d’infanzia (Medicina popolare, II suonatore e il cane, Le cure), infine una serie di quadri che si potrebbero definire di tipo gnomico, con riflessioni ad ampio raggio, cominciando dalla lirica intitolata non a caso Una vita.

La prima tipologia descritta si potrebbe definire “riflessioni di un viaggiatore” (quale in effetti l’autore è stato per attività professionale) e mostra la singolare validità di osservazioni che, formulate ancora in piena guerra fredda, si ricaricano di fosca attualità nell’Europa troppo post-bellica che abbiamo.

Si pensi a Salmo per il XXI secolo, scritta di fronte a Mauthausen: oltre a quell’intuizione di mettere il numero “ventuno” e non venti per parlare di totalitarismi e sterminio, inorridisce di fronte ai capipopolo che hanno «ingannata l’innocenza per un furto sacrilego». La stessa durezza non cambia nel commento all’oggi. Al bambino di Aylan dice tutto nel finale senza appello: «i bambini sognano le giostre d’Europa/ muniti in anticipo di biglietto per il paradiso».

Tuttavia sarebbe troppo facile, per l’autore che si autodichiara per età «in abbondanza oltre il vertice della parabola», scadere nel pessimismo generazionale.

Non è tanto l’idillio della Sicilia d’infanzia e di famiglia – che si presterebbe a trasfigurazioni mitologiche – a confortare i pensieri. Ecco allora la speranza di Anniversari («Auguri, dunque/ per una scelta indovinata/Non ci è dato disporre del resto»), ma anche la molta ironia di episodi come Definizioni invertibili («Auguri e condoglianze (…) sono spesso invertibili») oppure Primeggiare: «Spinti fino alla cima / col cuore in gola / e il vessillo di vittoria in mano / troviamo un chiodo/ già piantato nella roccia».

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Benedetto Di Pietro “Consonanze”  Montedit, Melegnano 2018 pp 64, € 8,50

 

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[recensione di Stefano Valentini, tratta da NTL – La Nuova Tribuna Letteraria – Anno XIX – n.134 – 2019]

Benedetto Di Pietro
CONSONANZE
Montedit, Melegnano (Mi),2018

Poesia meditativa, quella di Benedetto Di Pietro, aperta ad una colloquialità pensosa che Pasquale Matrone, nella sua ottima prefazione, così ben sintetizza: “mirata al recupero di un’armonia e di una coralità” per cui, di fronte all’inevitabile confronto con le contraddizioni e le disarmonie dell’esistenza, “vengono segnate note, varianti e correzioni, tese tutte ad individuare, esporre e proporre riparatrici benefiche e rivitalizzanti consonanze”. Una scrittura, quindi, che alle problematicità del quotidiano (e del cammino esistenziale) contrappone non soltanto una personale resilienza, ma anche una possibile rilettura del reale — proprio e collettivo — affinché non tutto precipiti negli imbuti della passività e dell’oblio. Decisivo, in questo, è il legame con la propria terra, con il paesaggio, con il mare spettatore eterno d’amori, lavoro, svaghi ma anche drammi (“popoli in cammino / lo rendono cimitero infinito”). Mare che contiene e narra leggende intrecciandole a ricordi personali, lucidi e sapidi, talora inteneriti ma mai sdolcinati né sentimentali. Sapendo bene come non tutto sia in nostro potere: “La vita è fatta di opzioni / e qualsiasi scelta è un azzardo. / Auguri, dunque / per una scelta indovinata”. Fatalità, fortuna? Certo, ma non soltanto. Ad esempio, l’amicizia è ancora un possibile ed auspicato antidoto ad un mondo dove c’è “chi subisce per il diverso colore / per l’origine non cercata / per un’idea non condivisa”. Le memorie personali divengono allegorie del presente, come nel ricordo dell’antico ciabattino, e tra i versi appaiono, spesso, lucidi aforismi sapienziali: “Una vita spesa come / con variazioni di poco / o di molto. / Chi ha avuto tanto / e chi meno, / tutti vorremmo di più”; “Per tutti c’è una ragione / che ci obbliga a fare silenzio”. Se potessimo conteggiare solo gli anni felici, dice, saremmo tutti giovani “e alcuni giovanissimi”, ma “una vita fatta solo di cose belle / non avrebbe senso” perché sono i giorni tristi “che ci danno il metro / per apprezzare gli altri”. Appunto parlavamo di resilienza, che non è rassegnazione ma accettazione: “ho fatto ciò che ho voluto, / ho dato ciò che ho potuto / il resto è un surplus”. S’incontrano possibili allegorie esistenziali (come nella breve e bellissima “Notturno”) e delicati pensieri d’amore (“ll mondo di Alice”), cortocircuiti della memoria (“I gerani di giugno” o la folgorante “Melagrane”) e frammenti da un passato quasi indenne perché sospeso fuori dal tempo, come nel ritratto delle mondine in trasferta che “la sera della domenica / si rendevano disponibili / per balli senza appendici”. Diverso per ogni singola esistenza, il tempo “ci presenta sempre debiti da pagare” e “ci concede l’illusione / di poter anticipare i costi / ma non cancella dai bilanci / quanto già assolto”. Una battaglia che non si può vincere, sicché persino la sconfitta diviene “accettabile norma di vita”, lasciando almeno “l’impronta delle buone azioni” e tramandando la nostra storia personale a qualcuno che, accanto, sia disposto ad ascoltarla. Tuttavia, “consonanza” è ben altro concetto rispetto a consolazione: lo si percepisce attraverso tutto il libro fino al culmine della bellissima poesia finale, dove il tempo sembra ribaltarsi (il tram numero 24 al cui capolinea “noi si
scendeva / con l’arrivederci, a domani!”) e tra le pagine del libro della vita appare “una margherita sfogliata / con esito felice”, Nella mente si prefigura, di nuovo, quel capolinea ora definitivo, ma senza alcuna paura: “Ho dimenticato il copione, / ma sono rimasto seduto / e ora col tuo sorriso inimitabile / mi porgi il bicchiere della staffa / … / le tue parole hanno smarrito il senso / e ora sono diventate luce”. La consonanza è compiuta.
(Stefano Valentini)